Mai dire no all’amica perennemente aggiornata

“Guarda, è aperta! Entriamo, ho letto che hanno appena finito i restauri”.

Le rispondo di sì, consapevolmente distratta dal pensiero dell’appuntamento disatteso di qualche ora prima. Le rispondo di sì, senza capire esattamente cosa mi stesse chiedendo e dove le mie gambe mi stessero portando.

Una volta dentro, un dardo dorato risplende davanti ai volti rapiti di un capannello di turisti. I giapponesi hanno macchine fotografiche pesanti e scenografiche, come da copione. Li raggiungo e vedo anch’io ciò che ammirano loro: la carne dell’angelo è liscia e candida. La luce vi si riflette carezzandola.

Anche Santa Teresa ha la levigatezza della pelle di un bambino. Pelle e abito levigati corrispondono a un viso che nella Transverberazione adotta il linguaggio della carne e dei sensi.

Il Cavalier Bernino ha qui espresso l’audacia che solo lui poteva permettersi.

Ai lati i Cornaro, i committenti della cappella e astanti incuriositi dell’evento mistico che mistico non è, perché nell’espressione della santa e nella lieve apertura delle sue labbra non c’è niente di più prosaico. Artisticamente e subliminalmente prosaico ma pur sempre tale.

Riflessioni senza capo né coda davanti alle due armature della cantoria attardano l’uscita. Non sazie le documentiamo con scatti e commenti improbabili.

Finalmente io e la mia omonima andiamo via lasciandoci alle spalle lo sfarzo turbinoso e turbinante di Santa Maria della Vittoria.

Io e lei ci spartiamo lo stesso nome e un certo sguardo sulle cose.

La bellezza della condivisione di due menti vicine amplifica lo scambio che si completa, però, solo quando i sorrisi diventano tre e gli occhi sei, solo quando le voci si sovrappongono e alle nostre si unisce la terza – o prima o seconda – componente del trio di questo gioco di racconti e amicizie.

Gian Lorenzo Bernini - Estasi di Santa Teresa d'Avila 1647-1652
Gian Lorenzo Bernini – Transverberazione di Santa Teresa, 1647-1652