Mai dire no all’amica perennemente aggiornata

“Guarda, è aperta! Entriamo, ho letto che hanno appena finito i restauri”.

Le rispondo di sì, consapevolmente distratta dal pensiero dell’appuntamento disatteso di qualche ora prima. Le rispondo di sì, senza capire esattamente cosa mi stesse chiedendo e dove le mie gambe mi stessero portando.

Una volta dentro, un dardo dorato risplende davanti ai volti rapiti di un capannello di turisti. I giapponesi hanno macchine fotografiche pesanti e scenografiche, come da copione. Li raggiungo e vedo anch’io ciò che ammirano loro: la carne dell’angelo è liscia e candida. La luce vi si riflette carezzandola.

Anche Santa Teresa ha la levigatezza della pelle di un bambino. Pelle e abito levigati corrispondono a un viso che nella Transverberazione adotta il linguaggio della carne e dei sensi.

Il Cavalier Bernino ha qui espresso l’audacia che solo lui poteva permettersi.

Ai lati i Cornaro, i committenti della cappella e astanti incuriositi dell’evento mistico che mistico non è, perché nell’espressione della santa e nella lieve apertura delle sue labbra non c’è niente di più prosaico. Artisticamente e subliminalmente prosaico ma pur sempre tale.

Riflessioni senza capo né coda davanti alle due armature della cantoria attardano l’uscita. Non sazie le documentiamo con scatti e commenti improbabili.

Finalmente io e la mia omonima andiamo via lasciandoci alle spalle lo sfarzo turbinoso e turbinante di Santa Maria della Vittoria.

Io e lei ci spartiamo lo stesso nome e un certo sguardo sulle cose.

La bellezza della condivisione di due menti vicine amplifica lo scambio che si completa, però, solo quando i sorrisi diventano tre e gli occhi sei, solo quando le voci si sovrappongono e alle nostre si unisce la terza – o prima o seconda – componente del trio di questo gioco di racconti e amicizie.

Gian Lorenzo Bernini - Estasi di Santa Teresa d'Avila 1647-1652
Gian Lorenzo Bernini – Transverberazione di Santa Teresa, 1647-1652

Autore: silselli

Ecco, tra i tanti passaggi richiesti per attivare il blog, la sezione 'about me' è quella che mi spaventava di più. Potrei scrivere che sono una storica dell'arte e che l'arte volente o nolente è stata compagna dei miei giorni fin dall'infanzia, da quando mio padre mi trascinava in giro per Roma e dentro improbabili musei. Potrei scrivere che ho odiato l'arte con tutta me stessa fino a quando al liceo ci siamo nuovamente e ferocemente innamorate. Potrei scrivere che sono stata molto fortunata - e chissà forse anche un po' capace - perché di arte, tra alti e bassi, ci ho vissuto. Potrei scrivere che ora frequento un corso di moda e che l'arte, quella accademicamente studiata o autodidatticamente assorbita, continua a scandire il mio spazio e il mio attuale percorso. Potrei scrivere che provengo da una famiglia di insegnati o aspiranti tali, dai quali ho tentato tenacemente di fuggire per poi dover accettare, solo in età adulta, le mie 'derive' educatrici. Potrei scrivere che mi piace... scrivere. Potrei scrivere che sono molto riservata e mi nascondo dietro uno schermo. Potrei scrivere che non so mai che scrivere quando mi si chiede di me. E allora preferisco scrivere di altro, anche se poi nell'altro ci sono io.

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